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Il potere della parola

Foto © Acri In Rete
Gaia Bafaro
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In ogni cultura le parole e le lettere sono fonte di grande rispetto. Ogni lettera (dal latino litera/segno divino) possiede un senso ed un'energia che esigono nel maneggiarla abilità, arte, scienza e saggezza.
A tal proposito, un verso tratto dal Dhammapada (testo sacro buddista) recita: “Colui che è libero dalla bramosia e dall’attaccamento, comprende il significato delle parole e sa servirsene, viene detto grande saggio, grande uomo”.
Significati nascosti ai profani si celano dietro ogni singola sillaba, un esempio lo si può trovare nella Bibbia decrittata mediante gematria che ci mostra come alle parole vehenna shalisha/ scorsero tre uomini, corrispondano a “elo Mikael, Gabriel, ve-Raphael”, cioè erano Michele, Gabriele e Raffaele.
Inoltre, il nome impronunciabile di Dio “YHVH” sarebbe composto, secondo tale scienza, da: Yod/principio delle cose; Hé/passivo in rapporto allo Yod, la donna, il non io legato all’io; Vau/il gancio che collega ogni cosa.
Anche l’alfabeto greco e quello ebraico presentano delle corrispondenze numeriche per criptare gli insegnamenti dei testi sacri, le sette vocali greche sono considerate sintesi della totalità del mondo manifesto, associate ai sette pianeti, alle sette note ed ai sette giorni della settimana.
Il poeta maledetto Rimbaud, affascinato dal mistero della parola, si concentrò nello studio delle vocali latine e scrisse una poesia sui misteri di queste: "A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali, Io dirò un giorno le vostre nascite latenti: A, nero corsetto villoso di mosche splendenti che ronzano intorno a crudeli fetori, golfi d'ombra; E, candori di vapori e tende, Lance di fieri ghiacciai, bianchi re, brividi d'umbelle; I, porpora, sangue sputato, risata di belle labbra.
Nella collera o nelle ubriachezze penitenti; U, cicli, vibrazioni divine dei verdi mari, Pace di pascoli seminati d'animali, pace di rughe che l'alchimia imprime nelle ampie fronti studiose;
O, suprema Tromba piena di strani stridori, Silenzi attraversati da Angeli e Mondi:
- O l'Omega, raggio viola dei suoi Occhi!" I
l poeta accosta le vocali ad alcuni colori, facendo intervenire sensazioni di origine diversa.
A sua volta, ogni colore richiama alcune situazioni o oggetti, indicando i rapporti profondi che legano tutte le cose.
Per quanto riguarda l'alfabeto ebraico si assiste al simbolismo più compiuto che ispirò la Cabala, il numero delle sue lettere è uguale a quello delle lame maggiori dei tarocchi di Marsiglia alcuni esempi: Alef/Bagatto; Bet/Papessa; Ghimel/Imperatrice ecc. Essenziale nella Cabala è lo Sephirot o Albero della vita che può essere visto come la rappresentazione del processo di creazione che mette all'opera, tanto nel Macrocosmo(Universo) che nel Microcosmo(Umano), energie o potenze creatrici emanate dal Creatore.
L' Albero della Vita è impiegato ugualmente nella magia ermetica ed è formato da: 4 mondi, 10 centri energetici (o numerazioni chiamate Sephiroth), 3 veli di esistenza negativa non manifestata, 3 pilastri e 22 sentieri il cui insieme forma le 32 vie della Saggezza. Il potere della parola fu sottolineato anche da Cicerone che, nella parte iniziale del De Oratore, si concentrò sulla magia dell’eloquenza che permise la nascita della civiltà e la formazione degli Stati.
Quindi, l’oratore ha il potere di utilizzare questo mezzo per custodire il sapere e finalizzarlo costruttivamente al bene della comunità.
Inizialmente, secondo la Genesi, gli uomini parlavano un’unica lingua ma, a causa della loro presunzione, giunti nel paese del Sennaar decisero di costruire una città e una torre che toccasse il cielo.
Il Signore scese a vedere la loro opera e punì l’arroganza disperdendoli sulla terra e confondendogli la lingua in modo che non potessero più capirsi: “Per questo si chiamò Babele, perché il Signore confuse la lingua di tutta la terra e li disperse su tutta la terra.” Tornando ai tempi presenti, si può scorgere la forza persuasiva della parola nel linguaggio politico o in quello pubblicitario fatto di slogan capaci di insidiarsi nella mente e rimanerci tanto da costringerci ,quasi senza volere, a ripetere quelle semplici frasi apparentemente senza senso (Brio blu mi piaci tu; Ava come lava ecc) che, in un modo o nell’altro, ci indirizzano verso la preferenza dell’acquisto di un prodotto anziché uno differente. Stessa cosa si dica per i modi di dire che giustificano o condizionano eventi e azioni (il lupo perde il pelo ma non il vizio; sposa bagnata sposa fortunata ecc).
Il linguaggio si evolve di pari passo con la civiltà e nuovi termini tecnologici si sono aggiunti al nostro dizionario (Facebook, emoticon, Vlog), parole semplici e veloci che rispecchiano le esigenze della società virtuale fondata sull’immediatezza, la celerità, l’impatto visivo, e che dietro l’apparente semplicità di neologismi virtuali celano intricati studi psicologici. Stessa cosa dicasi per la televisione, termini sempre più semplici e qualche volta scurrili o “terra terra” sono quelli che possiamo notare in trasmissioni come Grande fratello, Uomini e Donne e via dicendo, quasi come se si volesse indirizzare le masse non verso il miglioramento bensì ad una regressione culturale e morale (Non è forse più semplice soggiogare un branco di pecore inconsapevoli?).
Ad oggi la maggioranza della popolazione non comprende termini semplici e complessi della lingua italiana e abbozza una sorta di linguaggio misto a termini dialettali.
Per carità, anche il dialetto ha una sua storia culturale (si pensi al De Vulgari eloquentia di Dante ecc) e in quanto lingua reale, necessita di essere conservata e tramandata ma realmente ci si può limitare a parlare solo questo?
I politici e i giornalisti locali posseggono una padronanza del linguaggio e del sapere tale da poter guidare il popolo verso il progresso o si limitano solo ad un copia e incolla scorretto e sgrammaticato e alle solite promesse e discorsi alla Cettolaqualunque? Infine, vorrei dibattere brevemente sul benedetto congiuntivo sbagliato da tutti: medici, professori, conduttori televisivi locali, laureati e non.
Vi svelo un trucco per non sbagliare.
Se vi è più semplice pensate la frase in dialetto.
Strano a dirsi ma quando parliamo il dialetto non usiamo il congiuntivo erratamente: “Si avissa fatto cussì/ se avessi fatto così e non “Se AVREI fatto così”.
Il mondo non si cambia solo con le guerre o le azioni, c’è un mezzo più sottile e potente che non può essere utilizzato dagli stolti o gli ignoranti: Il linguaggio, quello che tutti oggi cercano di abbozzare ( in Italia tutti desiderano essere scrittori e oratori, persino il mio gatto potrebbe essere pubblicato!) ma che solo in pochi sanno effettivamente utilizzare.

PUBBLICATO 30/08/2020 | © Riproduzione Riservata





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