Leggende della Sila e dintorni
Gaia Bafaro
(Quanto state per leggere è frutto di una mia ricerca antropologica. Non autorizzo la riproduzione parziale o totale di ciò segue a patto di essere preventivamente avvisata). La nostra amatissima terra è nota per le sue bellezze paesaggistiche,la gastronomia e anche per alcuni racconti e leggende che animano la fantasia e i luoghi degli abitanti del nostro paesello che giace custodito al sicuro tra i monti della Sila. Quelli che seguono sono solo alcuni resoconti di fatti tramandati dalla gente del posto o da famiglie intervistate durante alcuni studi personali. Leggende e miti circondati da un alone di mistero di difficile interpretazione razionale ma custoditi nel cuore di chi li narra con una certa sacralità e la convinzione della veridicità degli accaduti. Non vi resta che leggere insieme a noi questi racconti, accostandovi con lo stesso spirito puro e semplice di un bambino che legge una favola, ricordando però che ogni mito o racconto possiede un insegnamento e si presta a doppia interpretazione: una dal valore profano ed essoterico e l’altra dal valore sacro ed esoterico. Il cavaliere misterioso e l’ampolla. Presso la località Fondente di Montescuro, vicino alla stazione del trenino, abitavano in una casa di legno e pietre nota come “a turra”due guardaboschi con il compito di tutelare le foreste e prestare attenzione ai tagliatori abusivi. Una sera, durante una tempesta di neve, uno dei guardaboschi era rimasto da solo nell’abitazione mentre l’altro era fuori per alcune compere. La neve cadeva incessantemente accompagnata da tuoni e lampi.Tutto il paesaggio riposava già sotto uno spesso mantello candido mentre fiocchi iridescenti sembravano fate danzatrici spinte dal respiro del vento. Nel cuore della notte, il guardaboschi sentì bussare alla porta, si recò ad aprire e vide un cavaliere su un cavallo bianco che non temeva la tempesta e non sembrava essere bagnato dalla neve. Questi gli disse:“Ho sentito dire che sei un uomo coraggioso, ho bisogno di parlarti”. “Accomodati ma prima mettiamo il tuo cavallo a riparo nella stalla” – disse il buon uomo e il cavaliere rispose di non preoccuparsi poiché il suo destriero non temeva il freddo. La cosa suonò strana alle orecchie del guardaboschi poiché conosceva il detto “u voi a trippa china arrieti na frasca, u cavallu a menza trippa intra na stalla”. Dopo essersi accomodato e non aver toccato il cibo offertogli, il cavaliere misterioso chiese nuovamente all’uomo se effettivamente il guardiano(così veniva chiamato) fosse un tipo coraggioso ed ottenne in risposta la frase: “ Io non temo neanche il demonio”. Gli mise dunque una piccola ampolla sul tavolo e gli disse: “ Se è vero ciò che dici, allora prendi questa bottiglietta e vieni con me ma ricorda, non devi fiatare per nessun motivo e io ti renderò l’uomo più ricco del mondo.” Uscirono sul cavallo nel cuore della notte mentre infuriava la tempesta e giunsero dinnanzi ad uno strano masso. Il cavaliere allora pronunciò alcune parole in una lingua sconosciuta e spostò il macigno da dove spuntò un lunghissimo serpente che cominciò a percorrere tutto il corpo del guardiano e ad infilarsi nell’ampolla. Mentre stava per rinchiudere con il tappo la boccettina, all’uomo sfuggì la frase “Dio mio che ho visto”, di colpo sparì ogni cosa: il sasso, il cavallo e il suo conducente, il serpente, l’ampolla e si sentì un gran frastuono che fece svenire il guardiano. Il giorno dopo, egli tornò in paese, raccontò la storia e morì a causa di una misteriosa febbre, non si seppe mai se quello che vide fu reale o soltanto un delirio. La gatta bella di Spezzano. Durante un temporale, un uomo stava rientrando dopo alcune commissioni, ovviamente a piedi dato che all’epoca non vi era possibilità di muoversi in modo differente. Il viandante era dotato di cappello e di un lungo mantello e camminando sotto un albero vide una gattina nera che si confondeva bene con l’oscurità della notte, decise allora di prenderla con sé e di metterla a riparo sotto il manto. Tutto il resto del viaggio l’uomo lo trascorse ad accarezzare il bel pelo del felino sorprendendosi della sua docilità. Quando l’orologio rintoccò mezzanotte, i due erano giunti ad un crocicchio e l’uomo si era fermato a riprendere fiato, mentre accarezzava la gatta disse : “Quanto sei bella” e sentì una voce rispondere in dialetto sotto il mantello “signu bella?signu bella?”. Il viaggiatore getto all’aria il gatto, il cappello e si spogliò correndo come un matto verso casa. Noto a tutti è che gli spettri non possono attraversare i crocevia o i corsi d’acqua. Tamburi presso la fontana di “Viva alla lirtu” (bevi in piedi). Questa è la storia di un innamorato che era stato in visita dalla fidanzata che abitava a Rovito e stava tornando di notte a casa sua in Sila in groppa al mulo. Nella valle di Rovito sentì all’improvviso un suono di tamburi e una voce chiamarlo per tre volte:“Rafè,Rafè,Rafè”. L’uomo ingenuamente pensò: “se è qualcuno che mi cerca mi raggiungerà” e proseguì .Si trattava di una persona che non temeva nulla ed era abituata a spostarsi da sola nella Sila a qualsiasi ora. Giunse allora presso la fontana nota con il nome di “Bevi in piedi” per abbeverare il mulo e accadde la stessa cosa, solo allora l’uomo si rese conto che era mezzanotte e che non poteva trattarsi di un conoscente, tantomeno dotato di tamburo. Ciò nonostante non si spaventò, abbracciò il fucile e fece comunque ritorno sano e salvo a casa sua. La casa degli spiriti di Lagarò. Pressò Lagarò c’era una casa in costruzione che non venne mai finita poiché si diceva fosse infestata. Durante una tormenta, un viaggiatore chiese ospitalità ad una famiglia che abitava lì vicino che per gioco lo mandò a pernottare nei ruderi. Il viandante accettò perché era molto stanco, verso mezzanotte udì dei passi e una voce gridare: “Mi iettu?” e l’uomo infastidito poiché era molto stanco disse: “Ietta nu vrazzu” e cadde così davanti ai suoi occhi un braccio senza corpo che ballava ma il viaggiatore si girò dall’altra parte e continuò a dormire. Dopo qualche tempo nuovamente la stessa voce lo ridestò: “Mi iettu?” e l’uomo rispose “ietta na gamma” e così gli apparve una gamba senza corpo ballare ma anche questa volta ,il viandante era troppo stanco e si rimise a dormire. Allora per la terza volta la voce disse: “Mi iettu?” e infastidito l’uomo rispose “Iettati stozza stozza!” e così si ritrovò vari arti a ballare davanti ai suoi occhi ma non si angosciò per questo. All’alba scomparve tutto e i vicini si stupirono e furono in parte delusi dal fatto che questi non avesse abbandonato prima l’abitazione e non fosse terrorizzato. Lo spettro del bosco di Acquacalda. Una notte d’estate, un uomo partì dalla località Acquacalda della Sila per recarsi ad Acri in modo da acquistare un maialino presso il mercato che si teneva vicino ai Cappuccini. Dato che era in anticipo, decise di fermarsi a riposare in un bosco sotto un pino e si ridestò tutto ricoperto di sangue, al mercato seppe che qualche tempo prima in quel punto era morto un uomo mentre lavorava con una ditta di taglialegna. La donna al chiaro di luna nel bosco della Sila. Era una sera d’estate, il bosco era irradiato da uno splendido chiaro di luna e un uomo, dopo essere stato a fare provviste in paese, vide una splendida signora vestita di bianco nel cuore della notte che recava un paniere. Non chiedendosi chi fosse, le si avvicinò e si offrì di portarle la cesta che sembrava pesante, questa senza parlare gliela diede e dopo un poco, l’uomo sentì un tonfo e guardò a terra per vedere cosa fosse caduto. Stupito, si trovò la testa della donna alle calcagna che ruzzolava,rideva e voleva morderlo. Arrivò a casa e morì dopo poco in preda alla febbre. Il grosso serpente con i baffi che dimorava presso il fiume “Mucone”. Durante gli anni 60-70 fu avvistato,lungo il fiume Mucone, un enorme serpente dotato di lunghissimi baffi, probabilmente morì in seguito ad un incendio scoppiato nel luogo, la gente che lavorava nella campagna circostante mentre il fuoco avanzava,afferma di aver sentito per tutto il tempo delle grida spaventose. Tra le leggende dei Draghi esiste una tipologia di tali esseri chiamata “la grande Biscia”, sembrerebbe un comune serpente se non fosse per l’immensa testa cornuta e barbuta, questo era solito vivere nelle foreste presso i corsi d’acqua. Caccia al cinghiale nei boschi di Là Mucone con strane presenze. Recentemente un gruppo di cacciatori di Là Mucone si era recato,come di consueto, in un vicino bosco per catturare dei cinghiali. La compagnia si era divisa in varie parti della campagna in modo da poter trarne vantaggio. Era una notte di luna piena quando all’improvviso sentirono tutta la foresta tacere ed una strana figura dotata di corna muoversi velocemente da un albero all’altro. Tutti sconvolti si ritrovarono al punto di raccolta e senza dire una parola saltarono in macchina,dopo un poco uno di loro si fece coraggio e chiese agli altri: “L’avete visto?” Tutti annuirono e non aggiunsero altro. Forse videro Pan la divinità protettrice delle selve e degli animali adirata per la loro presenza? Le fate tessitrici di S.Giovanni in Fiore. A S. Giovanni in Fiore nota è la leggenda di alcune fate tessitrici che lavorano al telaio nascoste sotto ad una grande pietra detta di Pizzi ,su di un’altura nota come Colle dei fiori. Le fate, tessono continuamene e se ne può percepire il rumore accostando l’orecchio al sasso mentre, gli alberi di Betulla con il loro fogliame luminoso magicamente mandano la luce nella collina,in modo che le creature possano vederci meglio. Le fate dal latino fatum-destino sono sempre state legate al telaio ,basti pensare alle Parche o alle janas sarde mentre la betulla, soprattutto presso i celti, è l’albero magico per eccellenza rappresentante la Dea Madre.
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PUBBLICATO 06/07/2020 | © Riproduzione Riservata
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