La vicenda della donna costretta a dormire su una panchina per lavorare. Inventato un caso mediatico
Redazione
Riteniamo opportuno pubblicare la notizia perché essa coinvolge anche nostri concittadini. Nei giorni scorsi, Tg Ten ha mandato in onda un servizio (toccante e commovente) di Francesco Straticò riguardo una donna, Grazia Tripargoletti, che per poter lavorare pare sia costretta a dormire all’aperto, su una panchina, per poter prendere servizio alle 5,30 negli uffici della Motorizzazione civile di Cosenza, come addetta alle pulizie. Un servizio che ha fatto indignare tutti, soprattutto il web e le istituzioni. Pronta la replica dell’azienda Lav Services che scrive; “l’interlocuzione con le organizzazioni sindacali è continua e proficua, non sono mai state registrate criticità o momenti di attrito tra le parti e la concertazione costituisce la base per un’efficace organizzazione e gestione del lavoro. Si è trattata di una distorta ricostruzione operata dalla lavoratrice e strumentalmente avallata dal rappresentante sindacale Ugl al solo gratuito fine di alimentare gratuita e preconcetta avversione verso il datore di lavoro ed aumentare il livello di odio sociale in un contesto già di per se difficile come il nostro. Il rapporto, puntualizza la ditta, è nato nell’agosto del 2018 quando, a seguito di regolare procedura negoziata sul Mepa, la Lav Services risulta aggiudicataria dell’appalto avente per oggetto il servizio di pulizia alla motorizzazione Civile di Cosenza. Giuste previsioni del bando di gara oltre che delle norme vigenti in materia di corretta conservazione del posto di lavoro – prosegue la nota – a tutela della continuità lavorativa, il personale attualmente in forza al momento del nostro subentro è stato assorbito per essere adibito esclusivamente allo svolgimento del servizio appaltato, ossia per l’esclusivo servizio di pulizia della sede, alle stesse condizioni salariali, stesso livello occupazionale e monte ore lavorato”. In seguito a valutazioni tecniche organizzative “è stato affidato alla signora Tripargoletti il turno di lavoro negli orari dalle 5.30 alle 7.30 nei giorni dal lunedì al giovedì e dalle ore 6 alle 7 nel giorno di venerdì, per un monte ore di complessive 11 ore lavorative settimanali”. L’ articolazione del servizio, fa rilevare l’azienda, è stato accettata “in riunione interna senza nessuna remora, né rimostranza alcuna da parte dei lavoratori, compresa la Tripargoletti, in quanto andava anche incontro anche a specifiche esigenze personali della stessa, tanto più che essa fino a qualche mese fa non ha mai lamentato particolari disservizi o problematiche. Nonostante la lavoratrice, nel frattempo, abbia mostrato un contegno lavorativo tutt’altro che diligente, andando incontro a diversi rilievi disciplinari, ha ricoperto il turno assegnato senza doglianze, fino a quando – si fa rilevare – in maniera del tutto confidenziale, a giugno del corrente anno ha rappresentato all’azienda difficoltà di raggiungimento della sede di lavoro nelle prime ore del mattino, causa l’interruzione della relazione con il suo compagno che si preoccupava di accompagnarla al lavoro. Per venire incontro alle continue esigenze della lavoratrice più volte l’azienda ha predisposto bonifici di anticipo salariale, comunque senza mai ritardare il pagamento delle mensilità dovute né per lei né per il resto del personale ed i collaboratori a vario titolo dell’azienda, cosa facilmente riscontrabile in forza della tracciabilità dei flussi economici mensili. Dal giugno del 2019 e sottolineando 2019, è iniziata la trafila di comunicazioni, dopo l’apertura ad un periodo seppur breve in cui è stato concesso alla lavoratrice un cambio turno, ovvero nel mese di agosto 2019 (cambio turno giustificato esclusivamente dalla chiusura di alcuni uffici e dalla ridotta presenza di utenza nel periodo estivo) nella piena consapevolezza della provvisorietà della variazione, nell’auspicio che nelle more la Tripargoletti sarebbe riuscita ad ovviare al suo problema attraverso un cambio di residenza oppure attraverso una rinnovata organizzazione della sua vita personale con l’ausilio di altri familiari. L’azienda “ha anche proposto alla lavoratrice di accollarsi eventuali spese di cambio di residenza nell’intento di avvicinarla al luogo di lavoro, ossia costi di anticipo mensilità per locazione o trasloco con un contributo che in alcun modo le era dovuto ma che, visto lo specifico caso umano, avevamo accordato. Nel corso degli innumerevoli incontri formali ed informali, comunicazioni telefoniche con vari rappresentanti di diverse sigle sindacali, è stata reiteratamente offerta – continua l’azienda – contezza, con dovizia di particolari tecnici, circa l’oggettiva impossibilità, nostro malgrado, di accogliere le richieste di cambio turno, vieppiù dovendosi al fine ritenere costretti ad opporre rifiuto a soluzioni poco ortodosse prospettate dal rappresentante sindacale della lavoratrice, sig. Brogno, volte a favorire l’accesso al trattamento di disoccupazione previo licenziamento della lavoratrice per giusta causa, soluzione inaccettabile per l’Azienda poiché contraria alle reali dinamiche tra le parti che, semmai, avrebbero al più dovuto indurre la lavoratrice a rassegnare le dimissioni (circostanza che, tuttavia, non avrebbe consentito alla dipendente la tutela indennitaria correlata alla perdita incolpevole del posto di lavoro). L’azienda segnala anche che la donna ha usufruito di un periodo di assenza per malattia terminato il quale la stessa ha tentato di fare strumentalmente uso – per sottrarsi al turno di lavoro – di certificazione rilasciata da un medico privato che non attestava alcuno stato di malattia ma che la stessa pretendeva strumentalmente di utilizzare per superare le valutazioni di idoneità alla mansione specifica espressa dal medico competente. Al riguardo si puntualizza che ove fossero residuati stati patologici la lavoratrice avrebbe potuto e dovuto fare ricorso alla prosecuzione della malattia ovvero farsi rilasciare dai soggetti preposti un’attestazione di nuovo evento morboso, mentre alcun rimedio in tal senso ha inteso attivare – evidentemente perché non ne sussistevano i presupposti – tuttavia rimanendo ingiustificatamente assente dal giorno 11.10.2019 fino alla data odierna ed esponendosi così a contestazione disciplinare. E’ verosimile ipotizzare – a giudizio della ditta – che la stessa ambisse proprio a suscitare la reazione datoriale in termini di recesso dal rapporto così da accedere al trattamento di disoccupazione, visto il lunghissimo lasso di tempo di assenza ingiustificata dal lavoro e tenuto conto delle richieste anticipate dal rappresentante sindacale Brogno. L’azienda, tutt’altro che incline a comportamenti vessatori verso la lavoratrice, ha inteso applicare una sanzione conservativa piuttosto che intimare il licenziamento, restando inteso che i giorni non lavorati non avrebbero potuto dare luogo a corresponsione del trattamento retributivo, data l’assenza ingiustificata dal lavoro. Nnon corrisponde al vero che la signora Tripargoletti sia costretta da lungo tempo a vivere su una panchina per lavorare: la problematica legata alla gestione del rapporto di lavoro si è presentata per alcuni giorni del mese di luglio e del mese di settembre, dopodichè la lavoratrice è rimasta ininterrottamente assente dal lavoro fino ad oggi, per cui quanto da ella rappresentato agli organi di informazione è frutto di pura e strumentale invenzione al deliberato fine di creare un caso mediatico, fare vittimismo e stimolare il sollevamento dell’opinione pubblica contro la parte datoriale, rea semplicemente di aver applicato le norme di legge e di contratto, prova ne sia che alcuna azione legale, né la lavoratrice né tantomeno il sindacato che la rappresenta, ha inteso intraprendere, come sarebbe stato invece ragionevole attendersi in caso di conclamate violazioni dei diritti dei lavoratori”.
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PUBBLICATO 04/11/2019 | © Riproduzione Riservata
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