Elogio della pazzia
Vincenzo Rizzuto
Che fatica ogni giorno a non essere travolto dalla follia che impazza ormai ovunque: nei bar, nelle strade, ma anche a casa quando si consumano i sacri pasti a tavola con i propri cari! Sì, tutti ti gridano nelle orecchie, come invasati da sacro furore, che bisogna finirla con l’accoglienza, con la politica della tolleranza, con lo sperpero di denaro pubblico a favore di migranti che invadono le nostre case, le nostre strade e aggrediscono le nostre donne per violentarle, ma anche per togliere lavoro ai nostri giovani.
E mentre da ogni parte si odono queste voci, queste grida di insofferenza e di ordinaria follia, che è diventata vera ideologia accentrante, che sta avvelenando gli animi e la mente di sempre maggiori strati della società, si assiste all’ assenza di qualsiasi analisi critica. La vecchia Sinistra, ormai stanca e inadeguata, dimostra tutta la sua impotenza ad analizzare questa complessa nuova realtà socio-economica planetaria, che vede intere popolazioni, ridotte alla fame da un capitalismo sempre più irrazionale e violento, spostarsi paurosamente da una parte all’altra del pianeta alla ricerca disperata di sopravvivenza. E questo capitalismo straccione, dall’America all’Europa, cerca di arginare la fame e le contraddizioni costruendo nuove muraglie cinesi, nuovi ‘valli di Adriano’, nuovi ordigni di distruzione di massa, il cui costo complessivo sarebbe sufficiente per sfamare tutte le popolazioni: la nostra stessa piccola Italia ha speso, nel solo 2017, ben 25 miliardi di euro per tenere migliaia di soldati sui fronti di guerra, e ben 70 milioni di euro al giorno per la NATO! Eppure nessuno grida allo scandalo per tutto questo, tutti ti abbaiano nelle orecchie come matti, dalla mattina alla sera, che bisogna finirla con i ‘neri di Rosarno’ e con le badanti, veri nuovi schiavi, che hanno invaso i nostri campi per raccogliere pomodori e lavare il sedere ai nostri vecchi di cui nessun’altra persona ‘civile’ si vuole occupare! Mi ha fatto impressione, qualche tempo fa, parlare di queste cose con un frate e sentirgli dire, con convinzione e preoccupazione, che era fortemente preoccupato da questa ‘invasione di extracomunitari senza Dio’, che avrebbero prima o poi sovvertito ogni cosa; sentire che secondo lui bisogna essere caritatevole verso tutti, ma fino ad un certo punto! Ora lungi da me il pensiero che tutti i frati abbiano smarrito la strada di Damasco, ma credo che qualcosa di grosso non funziona più nel nostro mondo globalizzato se siamo giunti a tali livelli di chiusura e di disumanità verso le atroci sofferenze di intere popolazioni; vuol dire che il tarlo dell’egoismo ha eroso i fondamentali della società civile e quella ‘pietas’, su cui la stirpe umana, prima ancora dell’avvento del Cristianesimo, aveva iniziato a costruire la civiltà, ossia la capacità dello stare insieme per affrontare da sempre il duro ‘mestiere di vivere’. Da qui, io credo, la necessità di ricominciare in modo certosino a contrastare la sfrenata tendenza di consumare sempre di più il superfluo, spingendo fino all’assurdo la produzione di merci in nome del profitto e non dei bisogni; tendenza che in modo sublimale trasforma l’individuo in una macchina, governata solo dal cieco egoismo, in nome del quale rifiuta qualsiasi atto di generosità e di sacrificio, sentito come rinuncia al proprio godimento. Strumento allora primario di questa palingenesi non può che essere la Scuola come luogo deputato per eccellenza allo stare insieme, ad impossessarsi di capacità critiche con cui decodificare tutta la realtà, sia quella esterna che quella interna del proprio essere nel mondo; una scuola che valica quotidianamente i confini del colore della pelle, degli occhi, delle religioni, dei muri e delle palizzate, che paurosamente si vanno costruendo ogni giorno di più in tutto il mondo, in ogni casa, in ogni strada per difendersi dai demoni, dai fantasmi che la civiltà della globalizzazione va creando ogni giorno con i media, con i tablet, con il piccolo schermo televisivo e con mille altre diavolerie da cui è difficile mantenersi alla larga, dal neonato al vecchio, che magari manca di ogni afflato, ma è dotato di telefonino con cui, a distanza intercontinentale, i suoi ‘cari’ lo tengono sotto controllo fino a quando non toglie il disturbo! E parlo e straparlo della Scuola non solo per distorsione professionale inevitabile, ma perché sono pienamente convinto che essa è lo strumento principe di ogni democrazia, di ogni società più giusta, quando è tutta mirata alla promozione dell’uomo ‘integrale’, dell’uomo quanto più libero possibile dagli ‘idola’ di memoria baconiana, diventati ormai vera pestilenza ‘ontica’ che governa tutta la realtà in ogni latitudine, un pericolo che può essere dominato solo, appunto, dalla formazione di un cittadino in grado di governare le nuove tecnologie ormai ineliminabili, di cui, però, deve essere attore e non vittima. Sì, la Scuola è l’unico investimento con cui si può ottenere riscatto sociale e ricchezza delle nazioni, perché non solo promuove l’uomo nei suoi valori fondamentali, ma ne fa un soggetto attivo nel processo di sviluppo generale delle società: con la Scuola nessuno, bianco o nero, giallo o mulatto, uomo o donna, rimane isolato e discriminato; essa davvero deve diventare il motore centrale della democrazia insieme alle altre strutture portanti della storia. Credo che tutto questo sia davvero ‘nobile follia’ da inseguire senza sosta, così come aveva già capito Victor Hugo quando ne ‘I Miserabili’ invocava la cultura per sollevare le sorti dell’umanità abbandonata, scrivendo anche allora, in piena restaurazione post-napoleonica : ‘fate luce, fate luce…’ E allora non si può fare a meno di chiedersi come mai la cultura di sinistra non si sia fatta seriamente mai carico di innalzare la Scuola pubblica e gratuita a livelli dignitosi; ma, al contrario, paradossalmente è stata la promotrice istituzionale del finanziamento della scuola confessionale, privando quella pubblica di ogni dignità con tagli e scelte scellerati come è avvenuto fino ai nostri giorni con la famigerata riforma de ‘La buona scuola’. E’ davvero necessario, a questo punto, gridare i versi di Virgilio nell’Eneide quando fa dire nel terzo canto allo sfortunato Polidoro, straziato da Enea: “Quid, miserum, Aenea, laceras?”, perché mi laceri? Ma almeno Enea lo lacerava senza rendersene conto, mentre i nostri ‘compagni’ lacerano i fondamenti dell’uguaglianza con ‘santa ragione’. |
PUBBLICATO 19/07/2018 | © Riproduzione Riservata
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